Un marito occulta un registratore all’interno della propria abitazione per registrare le conversazioni tra sua moglie ed il padre di lei, in quanto ha necessità di procurarsi le prove che le vicende di cui la donna minaccia di denunciarlo sono false.
L’uomo si fa forte del fatto che l’apparecchio è installato nell’abitazione coniugale e, pertanto, egli non ha violato il domicilio della moglie in quanto esso è anche il suo domicilio. Ed infatti viene assolto.
La Corte di Cassazione è stata più volte chiamata ad esprimersi sulla configurabilità o meno del reato di cui all’articolo 615-bis c.p. (illecite interferenze nella vita privata) nel caso in cui la captazione sia realizzata da soggetto non estraneo al domicilio dove essa avviene. La norma sanziona la condotta di colui che risulti estraneo agli atti di vita privata registrati, mentre invece è lecita la condotta del soggetto estraneo al domicilio ma che è stato, anche solo temporaneamente, ammesso a far parte di quei momenti di vita privata.
Il confine tra atto lecito ed illecito è dunque la presenza del registrante, il quale deve essere presente anche quando essa avvenga all’interno della sua abitazione.
Tanto vero che la presenza parziale del registrante configura il reato in questione.
Il registrante, quindi, deve essere sempre e continuativamente presente alla conversazione che avviene all’interno di una privata dimora cui gli sia stato consentito di accedere.
Nel caso in questione, l’uomo ha registrato moglie e suocero all’interno di quello che è anche il suo domicilio (casa coniugale), ma senza essere presente alla conversazione. Egli non ha quindi partecipato a quella porzione di vita privata (la conversazione) che si è tenuta all’interno del domicilio della moglie. Per tale ragione, con la sentenza 18713 del 28/10/2024, la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione.